Se uscite dal territorio provinciale di Reggio Emilia, e dite che a Natale voi mangiate il Biscione, probabilmente vi troverete davanti una faccia stranita. O magari qualcuno che, non avendo mai sentito questo nome, lo confonderà piuttosto con il più noto “capitone”, ovvero l’anguilla, piatto che è tradizionale per le festività in diverse zone italiane.

Il Biscione invece è un dolce ricco, avvolgente e anche estremamente scenografico, che da tanti anni rallegra le tavole natalizie dei reggiani!

Oggi forse meno diffuso, anche per il suo apporto calorico non certo indifferente, ha ancora molti estimatori: ci sono reggiani che non possono pensare alla cena della vigilia, il pranzo di Natale o di Santo Stefano senza il biscione.

Questo dolce ha una tradizione antichissima: viene citato in antichi trattati di cucina romani del I secolo d.C.

Viene ancora realizzato con gli ingredienti storici, molto semplici ma ricchi e di grande pregio e ricercatezza, specialmente nell’antichità: le mandorle, lo zucchero, le uova e i canditi.

Viene cotto al forno, dopo avergli dato la caratteristica forma di serpente, o di drago con le fauci aperte e può essere anche molto lungo, arrotolato su ampie spirali o su più piani di una tortiera. In superficie è ricoperto di meringa che deve mantenere il colore bianco e una consistenza friabile. A rappresentare gli occhi e la bocca sono i canditi.

Il biscione reggiano è inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali dell’Emilia-Romagna, e un riconoscimento IGP è in corso di istruttoria.